Découvrir pour promouvoir
Saint-Vincent
“Découvrir pour promouvoir Saint-Vincent” è un progetto pilota sviluppato da Associazione Poetica del Territorio insieme al gruppo di ricerca paesaggisensibili - su incarico del Comune di Saint-Vincent, nell'ambito del progetto Interreg Alcotra PITEM - PA.CE. Découvrir pour Promouvoir che intende valorizzare, in una prospettiva di turismo sostenibile, il potenziale del patrimonio culturale del territorio transfrontaliero; in particolare veicolarne l’interesse nel processo di costruzione dell'offerta turistica.
L’azione pilota intrapresa sul territorio del Comune di Saint-Vincent intende attivare un programma di avvicinamento, riconoscimento e riappropriazione dei valori materiali e immateriali sul territorio comunale.
In questo programma, la comunità locale diventa motore della valorizzazione culturale di questi luoghi. Per farlo deve innanzitutto tornare a conoscerlo e prendersene cura. Il processo innescato dall’attività vuole anche essere occasione per rilanciare l’economia attraverso la diversificazione dell’offerta turistica in un’ottica di sviluppo sostenibile.
Per realizzare il progetto, Poetica del Territorio cerca e cercherà la partecipazione più ampia possibile della popolazione e lo farà grazie alla collaborazione con le realtà del territorio che hanno aderito all’iniziativa: Banda Musicale Saint-Vincent, Cenacolo Italo Mus, 4 Dance Institute, Discover Saint-Vincent, ANPI, Tsan VdA e Parrocchia di Saint-Vincent.
IL TEMA DI INDAGINE
Il ruolo strategico di Saint-Vincent lungo la Via delle Gallie. Duemila anni tra Arte e Storia.
I SITI D’INTERESSE
Ponte romano di Saint-Vincent e dintorni;
Ponte romano di Châtillon;
Antica mulattiera per il Col de Joux;
Sito archeologico; Chiesa parrocchiale di Saint-Vincent;
Amay. I luoghi della Resistenza.
Il progetto ha come obiettivo di far conoscere il patrimonio culturale di questo territorio, anche quello meno conosciuto, e lo farà attraverso tre fasi distinte:
FASE 1: coinvolgimento di esperti di varie discipline per sviluppare i contenuti necessari ad approfondire la conoscenza di questi luoghi.
FASE 2: Un workshop di fotografia che elaborerà una narrazione visuale dei siti di indagine
FASE 3: Un evento pubblico in cui tutte le informazioni prodotte verranno interpretate e restituite attraverso diversi linguaggi artistici – danza, musica, drammaturgia e poesia – che daranno vita ad una rappresentazione corale e multiforme del patrimonio locale.
Per saperne di più sul Programma di lavoro, le premesse, gli obiettivi e le azioni previste.
Per saperne di più sul progetto europeo PITEM-PA.CE
Il video del progetto
A conclusione del progetto, questo video ne ripercorre i passaggi salienti, trovando nelle voci e nei contributi delle persone coinvolte, le ragioni e il valore di un percorso interdisciplinare di osservazione e riscoperta del territorio e delle sue valenze.
IL PROGETTO IN SINTESI
Scoprire per promuovere è un’opportunità per attivare sul territorio un processo paziente di coinvolgimento della popolazione nell’acquisizione di una nuova consapevolezza rispetto alla dimensione culturale dei luoghi che abitano e visitano. Perché questo accada, è indispensabile sensibilizzare le realtà locali, sviluppare e sostenere le sinergie e le collaborazioni tra le associazioni, gli operatori economici e turistici in primo luogo. Altrettanto indispensabile è l’avvicinamento ai siti privilegiando il cammino, lo spostamento lento e rispettoso dell’ambiente e delle sue fragilità. In questo contesto, il progetto utilizza la fotografia come strumento di lettura e comprensione del paesaggio, linguaggio che può portare un contributo nella comprensione dei caratteri del territorio e delle dinamiche in atto, perché offre ulteriori possibilità di analisi di un dato contesto.
FASE 1
IL CONTRIBUTO DEGLI ESPERTI
La prima fase del progetto ha visto la creazione di un team di esperti composto da tecnici, ricercatori e professionisti di discipline diverse, rappresentanti e attori del territorio, allo scopo di elaborare i contenuti necessari ad approfondire il valore intrinseco dei luoghi (storia, evoluzione nel tempo, funzione, utilizzo e situazione presente). L’obiettivo era fornire diversi livelli di analisi a supporto dell’identificazione dei siti di interesse, su cui costruire il programma di lavoro e produrre informazioni storico-scientifiche relative ad essi.
CHI SONO E COSA CI HANNO RACCONTATO?
LA MOSTRA. APPUNTI FOTOGRAFICI
Tra i diversi contributi interdisciplinari che hanno permesso un approfondimento sui siti di interesse, la mostra fotografica organizzata da Paesaggisensibili presso la Galleria Civica di Saint-Vincent, ha messo a fuoco quegli elementi del paesaggio che ne danno testimonianza portandoci a riflettere sul riconoscimento degli stessi in quanto valori del territorio da tutelare e proteggere.
Le foto sono di Alessandro Guida
La mostra ha dato modo di introdurre degli input metodologici per l’avvio della seconda parte del programma di lavori: la fotografia come strumento di indagine territoriale e il racconto fotografico in quanto linguaggio trasversale che tenta di legare in maniera sistemica i singoli elementi individuati dal progetto osservandoli, e riconoscendoli, nel paesaggio del territorio comunale.
FASE 2
Il laboratorio di fotografia
04 - 20 marzo 2022
Costruzione di
un racconto collettivo
del territorio di Saint-Vincent
LA FOTOGRAFIA COME STRUMENTO DI SCOPERTA
Molteplici sguardi
per una nuova rappresentazione di Saint-Vincent
e per riflettere sul presente
attraverso duemila anni di storia
Dopo i mesi invernali dedicati all’ascolto e alla ricerca dei temi di indagine i cui esiti sono stati presentati al pubblico in occasione di due eventi tenutisi lo scorso dicembre al Palacongressi di Saint-Vincent, il mese di marzo è stato finalmente il momento di uscire tra vie, mulattiere, boschi e villaggi, per osservare il paesaggio, camminandovi dentro.
La fotografia come strumento per misurarsi con l’ambiente che abitiamo, con i luoghi che sono i nostri spazi di vita, per farne l’esperienza; un linguaggio narrativo che permette di isolare e poi comporre e ricomporre gli elementi dello spazio in nuove narrazioni territoriali a nutrire così nuovi immaginari o aggiornare quelli già esistenti.
Premesse e metodo
Quella di Saint-Vincent è una storia che si limita oggi a due soli elementi narrativi: il Casinò e le Terme. Due fari nella notte che hanno reso invisibile tutto il resto, relegandolo nel buio.
In questo senso, il laboratorio è stato un vero e proprio esercizio di riscoperta.
Uno spazio fisico e mentale che ha dato ai partecipanti la possibilità di abituare lo sguardo a riconoscere i tanti elementi che compongono il paesaggio culturale di questi luoghi, mettendoli in relazione tra loro nello spazio e nel tempo.
Un lavoro di gruppo che ha preso avvio già lo scorso autunno con il contributo di esperti di discipline diverse che hanno permesso di approfondire la conoscenza dei siti di interesse oggetto del progetto, perchè se ne recuperasse la storia e le ragioni della loro presenza sul territorio.
Da qui siamo partiti utilizzando il cammino e l’azione del guardare per cercarne le tracce e collocarle nel paesaggio contemporaneo. Un esercizio che ha visto ciascun partecipante elaborare la propria lettura del territorio di Saint-Vincent per poi condividerla e discuterla in forma collettiva e arrivare a costruire una narrazione più vicina alla complessità del presente. Una realtà molto distante dal binomio iniziale e molto più sfaccettata.
Il laboratorio - che ha visto la partecipazione di un gruppo composito, formato principalmente da persone del posto, qualche forestiero proveniente dai comuni limitrofi e alcuni fotografi professionisti - ha avuto come esito il riconoscimento e la visualizzazione di tale complessità, introducendo nell’immaginario esistente nuovi elementi, nuove conoscenze, nuovi spunti per raccontare questo territorio in maniera più consapevole.
La scoperta del territorio attraverso l’utilizzo del mezzo fotografico. Uno strumento che ha permesso di soffermarsi a cercare quelle forme e quei segni rivelatori della vita recente e passata, delle vicende e dei mutamenti che ha subito questo angolo di mondo per scoprire, o ritrovare, un patrimonio culturale, artistico e ambientale che percorre i millenni, i secoli e poi tutta la storia del Novecento, fino ad oggi.
È necessaria un’osservazione paziente, capace di andare oltre l’intensa urbanizzazione di quest’ultimo cinquantennio che frappone tra le antiche testimonianze e la nostra volontà di individuare quelle antiche tracce, le tante trasformazioni del paesaggio, ricorda l’archeologo Mauro Cortelazzo.
Uno sforzo che ha anche permesso ai partecipanti di ritrovare in certe antiche foto in bianco e nero il volto e la memoria dei padri che hanno calpestato questa stessa terra, riportando alla luce la memoria del passato, il sorriso di amici lontani che hanno gioito, faticato e lottato sui pendii e tra le mulattiere di questa montagne.
IL RACCONTO COLLETTIVO
Punto di partenza del laboratorio, sono state le visite guidate organizzate durante il primo fine settimana di attività alla scoperta dei siti di interesse indagati dal progetto. Opportunità questa, per i partecipanti, e anche per alcuni curiosi, di riprendere i temi affrontati negli incontri di dicembre e vedere dal vero i siti in compagnia degli esperti.
Da questa lettura a più voci, poi rielaborata in forma collettiva, è emersa una rappresentazione capace di restituire la ricchezza e la complessità contemporanea di questo luogo in cui si intrecciano la storia delle Alpi e l’origine glaciale che hanno modellato questo particolare settore alpino; roccia che mostra il segno di ere geologiche lontane, lontanissime nel tempo, attraverso le forme e la policromia dei minerali. Blocchi di pietra, elemento primario della civiltà, sostegno, protezione e primo strumento di rappresentazione: la pietra incisa per fermare il tempo e fissare la memoria.
Un territorio che è stato, per migliaia di anni, carrefour di genti in movimento attraverso l’Europa: tra le tracce più antiche, le incisioni rupestri (gli stambecchi Mont-des-Fourches) che emergono sulla superficie rocciosa modellata dal ghiacciaio Balteo sulle sponde del paleolago dove la valle principale piega verso sud. La Valle è un passaggio obbligato, strategico e, per questo, percorso da vie e strade, teatri di vita, di conquista, di asilo e rifugio, per cacciatori, poi viandanti e pellegrini e, oggi, di scoperta. La strada si imposta sulla roccia e porta con sé le tracce della continuità di un territorio e delle sue evoluzioni culturali attraverso il tempo. È percorso di vita (materiale e immateriale). Scavata nella roccia, la strada unisce e porta con sé i segni della società del proprio tempo, i materiali, la tecnica costruttiva, i costumi. Sulle strade si innestano castelli, ricoveri, ospizi, manufatti per la difesa, segni della continuità della vita di un territorio, dalla preistoria fino ad oggi.
Una terra di cammini, in cui si sovrappongono percorsi antichi e nuovi da percorrere lentamente: lo svago dell’oggi sui passi dei tracciati di ieri legati alla vita quotidiana e alla sopravvivenza. Le mulattiere e i sentieri della montagna di Saint-Vincent hanno una relazione profonda con la vita sociale, economica e culturale del territorio. Percorrere questi tracciati è un po’ come esplorarne la storia, a passo lento. Il cammino come forma di esplorazione e motivo di meraviglia. La montagna come libertà e luogo di contemplazione. Bellezza, ampiezza dello sguardo e possibilità di andare oltre i confini comunali, per cambiare punti di vista.
Un anfiteatro, uno spazio geografico, dal clima pregevole, ma sempre più povero d’acqua: tecnologia e competenze tecniche hanno permesso sul finire del XIV secolo di realizzare un’opera imponente di ingegneria idraulica, un sistema esemplare di pendenze, ponti sospesi e gallerie scavate nella roccia, per far confluire le acque del Ghiacciaio del Rosa verso il Col de Joux: il ru Courtaud. Oggi la rete idrica è ancora lì a garantire l’irrigazione di un terreno fertile e produttivo attraverso un sistema di piscine per lo stoccaggio d’acqua a fini irrigui, canali, vie di scorrimento, in parte tombate, o intubate.
Un rete idraulica fragile che richiede un monitoraggio e una maggiore consapevolezza delle risorse disponibili e dei sistemi di gestione delle acque, una riflessione sulla tutela del bene comune e sul valore che assume per la comunità la bellezza del paesaggio.
La meccanizzazione dei sistemi di distribuzione dell’acqua si intreccia con i resti delle Terme Antiche, oggi in rovina. La Fons Salutis ancora vive e scorga, benchè debole, protetta dalla roccia. La portata è estremamente bassa ormai, ma è stato indubbiamente un elemento di forte attrattività turistica di Saint-Vincent a partire dalla seconda metà del XIX secolo.
La cittadina alpina ha una conformazione curiosa, con una grande densità abitativa intorno all’asse orizzontale lungo l’antico tracciato romano della Via delle Gallie che, attraverso piccoli viottoli in pietra si allarga in piazze, viali e strade urbane, su cui affacciano alti palazzi multipiano. Una struttura a terrazze sovrapposte dove il costruito si dirada man mano che si risale il versante. Da uno dei villaggi più alti, il borgo appare lontano, sprofondato, laggiù nel fondovalle.
È sempre l’asse antico a sostenere la viabilità di oggi e la percorrenza in entrata e uscita dall’area abitata. Sull’asse insistono due dei siti di interesse del progetto: il ponte romano e il sito archeologico. Un tratto di quella che era l’antica strada consolare delle Gallie li tiene uniti e ne racconta lo spazio percepito che li unisce, attraverso la costruzione di una visuale insolita che affonda le sue radici in duemila anni di evoluzione del paesaggio.
Una storia che, nel presente, è ancora vita della montagne, una dimensione domestica di cura del territorio. Sono piccoli orti, cataste di legna, pollai. Tracce che testimoniano la capacità di recupero della lentezza, del rispetto del tempo scandito dalle stagioni. Un grido ad essere maggiormente consapevoli, un Découvrir pour vivre questo ambiente, al contempo ricco e povero di tutto.
Un territorio alpino di grande bellezza e grondante di millenni di vita artistica e culturale, ma estremamente fragile. Scoprirlo dunque, per poterlo apprezzare in quanto comunità stanziale, e per poterlo raccontare e condividere con nuove forme di turismo dolce e sostenibile, capace di dialogare con la memoria e la storia del luogo.
Dalle immagini d’antan emergono sorrisi, promesse, gioia di vivere e futuro. La comunità contadina, la mietitura, la fienagione, l’inverno e gli sci ai piedi, le pluriclassi che accoglievano bambini di villaggi diversi, incontro di dialetti, parlate e storie di vita. Amicizia.
La festa dopo le corvè, saperi e usanze perdute. Uno sguardo sulle memorie che riportano per un attimo in vita chi non c’è più.
“Sono nata e vissuta in questo posto e l’ho sempre amato. L’ho sempre guardato con occhi romantici anche se la vita non era né romantica né facile. Raccontare questo mondo è un modo per ricordare i nostri vecchi e per far rivivere un po’ il territorio che non è più quello di allora. È molto cambiato: tornato selvaggio, lascia appena intravedere il lavorìo dell’uomo che ha intensamente abitato la montagna per molti lustri (sentieri, mulattiere, terrazzamenti, muri a secco, coltivazioni e villaggi) ma anche queste tracce stanno pian piano scomparendo” (Cit. Paola Seris).
Emerge dal racconto per immagini anche la pratica dello Tsan. In un rimpallo tra passato e presente si possono ammirare alcuni momenti del gioco dove il gesto atletico è straordinario, gli attrezzi realizzati con il legno locale e lavorati a mano dagli stessi giocatori, i tempi di partita lunghissimi e spettacolari.
“Una società agricola vivace e innovativa; un’economia che nei secoli ha saputo guardare al futuro; villaggi che odorano di secoli di conoscenze architettoniche; di comunità laboriose; di buon gusto e di tanta caparbietà per ottenere non già un’economia di sussistenza ma di reddito” (cit. Pg. Crétier), che ha dato vita ad un diffuso patrimonio costituito da numerose cappelle rurali che si incontrano facilmente percorrendo la rete delle mulattiere che innervano il territorio della montagne dal borgo fino al Col de Joux. Sono numerosissime e rappresentano i centri di culto per la comunità dei villaggi; sono luoghi di memoria collettiva, come la più recente cappella di Amay dedicata ai partigiani caduti durante la Resistenza e costruita nel 1953.
Oltre alle cappelle, le piccole edicole votive, manufatti d’arte costruiti dalle famiglie locali si trovano in prossimità degli abitati ad accompagnare il viandante lungo la via. Un patrimonio che puntegggia il paesaggio della montagne di Saint-Vincent, praticabile e accessibile con semplici camminate.
Oltre alle architetture di carattere religioso, un patrimonio pittorico e scultoreo custodito nel borgo, in parte conservato nel museo parrocchiale e nella chiesa dedicata a San Vincenzo, e in parte ancora presente nei villaggi, nelle nicchie, sui muri in pietra delle abitazioni, nelle edicole e nelle cappelle.
Una collezione artistica diffusa sul territorio dal forte valore identitario e che, anche per le imponenti dimensioni, trova nella chiesa di Saint-Vincent, la sua maggiore espressione. Vetrate riccamente decorate, mobilio finemente intagliato, sculture lignee e l’ampio insieme di affreschi che ricoprono l’abside, sono solo alcune delle meraviglie riunite in questo spazio, che è luogo di culto e aggregazione non solo per il borgo, ma per tutta la comunità sabin, come ricordano le immagini delle celebrazioni di San Maurizio, patrono della chiesa di Moron, centro nevralgico, economico e culturale della comunità della montagne di Saint-Vincent.
In particolare, i restauri degli anni ‘70 attribuiscono parte degli affreschi del coro alla bottega di Giacomino d’Ivrea (1445) e, parte alle opere realizzate successivamente, dall’atelier di Filippo Cavallazzi da Varallo. Nell’insieme, la celebrazione della vita cristiana, diventa occasione per raffigurare la società del tempo, nei dettagli delle vesti, delle capigliature e negli armamenti. Un’eredità unica che fu voluta, in forma assolutamente originale e rara, dalla stessa comunità sabin, mecenate di questa ricca commissione.
Arte pittorica popolare e sacra che include anche opere contemporanee. Tra queste, i dipinti del pittore Italo Mus, una vita trascorsa in Valle, tra Châtillon, sua casa natale, e Saint-Vincent, e realizzate su manufatti religiosi (cappella dei Santi Innocenti di Cillian e cappella di Grün), civili (porta del cimitero) e in parte conservate nelle Sale del Municipio.
Uno scoprire incessante dunque che è andare oltre i confini dello spazio conosciuto, esplorando nuovi orizzonti, muovendosi oltre i limiti comunali, non solo, cambiando continuamente punti di vista per poter apprezzare e ritrovare chi siamo e chi vogliamo essere.
Il cammino come espressione di libertà, per scoprire e costruire conoscenza; il gesto dello scatto per soffermarsi sulle cose e osservare criticamente la realtà che ci circonda.
Un processo collettivo di riscoperta e aggiornamento dell’immaginario di un luogo. Questo l’esito del laboratorio di fotografia.
Si ringraziano i partecipanti al laboratorio, autori del racconto collettivo
Alessio Vecchiè, Anna Foieri, Annie Vout, Enea Fiorentini, Ezio Junod e Michelina Vallet, Francesca Alti, Franco Zanin, Giorgio Enrico Bena e Tiziana Dujany, Giuseppe Rollandin, Laura Francesca Coscia
Maurizio Moncada, Michel Deanoz, Nadia Rizzotto, Paola Seris, Stephanie Purser.
(crediti: Regione autonoma VDA - Archivio BREL - Fondi Bérard, Brocherel Broggi, CEFP/Willien, Daudry, Domaine, Seris e Torra)
Con la curatela di Paesaggisensibili
I PARTNER DEL PROGETTO
Un progetto realizzato da
con la partecipazione di
Nell’ambito del partenariato
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