Il Pis del Pesio:
la grandiosità dell’effimero
Autore: Roberto Taberna
Le vene del collo pulsano prepotentemente, sono fuori allenamento da parecchi anni e non ce la faccio quasi più, ma non manca più molto, un forte fragore si sta avvicinando.
Le mie radici materne affondano proprio in quelle terre e da tempo mi turbava il fatto di non aver mai visto in vita mia le sorgenti del Pesio. Parto da Torino di buonora, arrivo a Chiusa di Pesio e proseguo nella vallata. Superata la storica Certosa, arrivo in macchina fino al Pian delle Gorre (1032 m), dove parcheggio. Riempio la borraccia alla fontana e inizio tutto solo l’escursione. Dopo pochi minuti di agevole mulattiera, ecco il sentiero che inizia subito ad inerpicarsi nei boschi di faggio e di abete, con una pendenza costante fino al Gias Fontana (1218 m), un piccolo bivacco incustodito che raggiungo dopo un’oretta di cammino. Mi fermo un attimo a prender fiato, con la scusa di scattare qualche fotografia ad una magnifica distesa di myosotis, più romanticamente conosciuti come “non ti scordar di me”. Riprendo la marcia e dopo poco giungo nei pressi della cascata segnalata sulla mappa, ottimo motivo per un’altra breve sosta prima della tirata finale.
Il Pis del Pesio (1410 m) è una spettacolare cascata dove l'acqua sgorga impetuosamente da due fessure nella parete rocciosa e compie un salto di circa 30 metri. Il nome “Pis” (piscio) deriva appunto dall’irruenza con la quale questo fiume scaturisce dalla roccia. Il fenomeno è grandioso, ma lo si può osservare solamente per un paio di settimane all'anno, verso aprile-maggio, quando il disgelo delle nevi riempie d’acqua le cavità ipogee del sistema carsico sotterraneo fino a farla traboccare dal sifone terminale del Pis. L’effimerità del fenomeno rende l’evento ancora più emozionante. Il periodo esatto cambia da un anno all’altro, a seconda delle condizioni climatiche, per cui conviene telefonare al Parco Naturale Marguareis per sapere quando andare. Quando il Pis è attivo, la portata d’acqua può raggiungere i 5 metri cubi al secondo. Terminato il periodo del disgelo, la portata diminuisce drasticamente e l’acqua inizia a colare lungo la parete rocciosa. La magia è finita. Il Pesio scende poi a valle per una quarantina di chilometri, fino ad immettersi pigramente nel Tanaro.
Ancora tre quarti d’ora di marcia e, mentre sto giungendo alla meta con il fiato corto e il cuore in gola, due anziani missionari provenienti dalla Certosa mi superano con passo gagliardo. Li saluto e procedo un po’ avvilito con la mia modesta andatura per gli ultimi metri che mi separano dalla meta. Il frastuono adesso è fortissimo e, dopo poche curve del sentiero, ecco che improvvisamente compare davanti a me questo spettacolo della natura. Mi blocco stupefatto ad ammirare il Pis, felice di avercela fatta. C’è anche un’altra coppia lassù, a cui chiedo di scattarmi una foto che documenti l’impresa. Un passaggio stretto e scivoloso scavato nella roccia permette agli escursionisti più arditi di camminare proprio sotto al getto d’acqua. Accetto la sfida e vivo quest’ultima emozione.
Al ritorno, i contraccolpi della discesa indispettiscono il mio ginocchio acciaccato e arrivo a valle con fatica. Ma Parigi valeva bene una messa.